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Autore Messaggio
 Oggetto del messaggio: Taglio Codino originale...
 Messaggio Inviato: 07 nov 2006, 11:49 
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oooo


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 Messaggio Inviato: 07 nov 2006, 11:57 
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minkia ke tuttorial proantaniconrisukkioescappellamentosinistro :mrgreen: ....

il codino dal vivo è na TAMRRATA GALATTICA!!! :wink: :supergreen:



io nel mio piccolo mi appresto a: comperare le presa d'aria dx e verniciare le plastike........l'inverno è lungo, ma i week end son sempre quelli.... :mrgreen:

forse ti copio il ProAntani per la targa....giuro che ci stavo pensando da un pò...ma tu sei evidentemente avantissimo...se lo faccio, poi c'ò tutta una ideuzza tamarra per il sotto sella che ancke Vin Diesel in Fast&Furious si vergognerebbe..... :wink:

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CHE RUMORE FA LA MOTO DI PAPÀ??
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 Oggetto del messaggio: Re: Taglio Codino originale...
 Messaggio Inviato: 07 nov 2006, 12:01 
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:shock: Bello!!!
:twisted: assomiglia tanto a quello dell'RCC :mrgreen:

A parte gli scherzi ottimo risultato: :?:
quanto chiedi per fare un lavoretto analogo? :supergreen:

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Non ? importante raggiungere la meta, ma come la si raggiunge ......... meglio con una Buell!!!!!!!!!!!

XB9sx MY'05 DARK


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 Messaggio Inviato: 07 nov 2006, 12:27 
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DefiKing
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bellobellobello :wink: !

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fftò beene, fftò beeene, fftò peer mooriiiir...!

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KLIKKACI SOPRA...e mi vedrai (spaventato) in azione :mrgreen:!


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 Messaggio Inviato: 07 nov 2006, 12:28 
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DefiKing
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CAVALLO IN G5!

quasi dimenticavo l'OT :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

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KLIKKACI SOPRA...e mi vedrai (spaventato) in azione :mrgreen:!


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 Messaggio Inviato: 07 nov 2006, 12:36 
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Turbodefi
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Ma Michelangelo a confronto chi era!??? 8) :supergreen:

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 Messaggio Inviato: 07 nov 2006, 12:45 
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Sid ha scritto:
CAVALLO IN G5!

quasi dimenticavo l'OT :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:


SIIIIDDDDDD piantalaaaaaa
poi i cazzari abboccano e mi mandano il primo post quasi serio e quasi fatto bene a signorine/lucciole/peripatetiche che siano

ecco era un post così serio...

La prima mossa


Il Grande Maestro spostò il Cavallo in d6, vide la Torre nera accovacciata in h6, pronta al balzo, e decise che, senza esaminare ulteriori sviluppi, non era proprio il caso di perdere un pezzo gratis et amore Dei.
Ritirò il Cavallo in e4 e si chiese cosa sarebbe successo se avesse realizzato la pressione su f7 saltando in g5.
Certo che se qualcuno lo avesse visto spostare i pezzi come un ragazzino della categoria sociale, si sarebbe scandalizzato.
Un Grande Maestro dovrebbe risolvere i problemi con il solo pensiero, a occhi chiusi, anzi, senza neanche la scacchiera davanti.
Il cervello di un Grande Maestro dovrebbe elaborare le combinazioni scacchistiche naturalmente, senza sforzo, con la stessa levità con cui il corpo di una ballerina si trasfigura in musica.
Insomma un Grande Maestro dovrebbe saper giocare a scacchi, pensa la gente.
E in effetti era quello che pensava anche lui, tanti anni prima, quando aveva incontrato l'uomo con gli occhiali neri.

L'uomo con gli occhiali neri, un anziano in abiti dimessi, stava seduto a cavalcioni di una panchina di graniglia, immobile, con una scacchiera davanti.
Lui, che allora aveva 17 anni ed era un ragazzo lungo e timido, si era avvicinato lentamente, cercando di far scricchiolare il meno possibile la ghiaia del vialetto. Fermo di fianco alla scacchiera aveva studiato con curiosità la posizione.
Doveva essere un finale di partita perché c'erano molti pezzi sia bianchi che neri, aggrovigliati gli uni con gli altri.
Come al solito il suo cervello si perse nella complessità della combinazione. Inoltre non sapeva a chi toccava la mossa, per cui rinunciò a capirci qualcosa e decise di andarsene.
Fu allora che l'uomo, che fino a quel momento non aveva dato il minimo segno di essersi accorto della sua presenza, gli chiese:
- Ti piacerebbe diventare Grande Maestro di scacchi? -
- Sì - aveva risposto lui automaticamente.
Con pochi gesti delle mani (due grandi mani nodose con una particolarità, l'unghia del mignolo destro lunghissima) l'uomo ripulì la superficie della scacchiera, la rivoltò, accumulò i pezzi dentro uno dei due vani, richiuse la scatola e, alzandosi, se la infilò sotto un braccio.
- Quanti anni hai? - gli chiese cominciando a camminare.
Doveva riconoscerlo, l'uomo non lo aveva sforzato e nemmeno invitato. Era stato lui che, una domanda e una risposta dietro l'altra, lo aveva seguito prima fuori del giardino pubblico, poi verso la parte vecchia della città, quella di là del fiume, fino a una casetta fatiscente incastrata fra un magazzino in disuso (le saracinesche erano arrugginite) e uno spezzone di mura medievali.
L'uomo si era fermato davanti al portoncino tarlato e aveva detto:
- Mi hai spiegato che tuo padre ti ha insegnato a giocare a scacchi ancor prima che a leggere e scrivere, mi hai spiegato che per te adesso ogni partita è una tortura perché ogni volta che perdi, e son più le volte che perdi di quelle che vinci, tuo padre ti tratta come un deficiente e un incapace.
Adesso ti ripeterò la domanda che ti ho già fatto.
Ti piacerebbe diventare Grande Maestro di scacchi? -
- Sì, certo ... ma com'è possibile? -
- Io abito qui. Se entri te lo farò vedere - disse l'uomo spingendo il portoncino che si aprì senza bisogno di chiave.
- Se ti fidi! - aveva aggiunto l'uomo voltandosi e piantandogli addosso le lenti degli occhiali neri che non si era mai tolto.
Si era fidato.

C'era da fidarsi a mettere il Cavallo in g5?
Sembrava una buona mossa.
Raddoppiava la minaccia su f7 e contemporaneamente la difesa su f3.
Se, per esempio, il Nero gli avesse dato scacco di Cavallo in f3, lui avrebbe rimangiato di Cavallo guadagnando un pezzo per un pedone, e il vantaggio sarebbe rimasto anche se il Nero avesse proseguito scambiando Alfiere per Cavallo.
Eseguì manualmente le mosse fino a Cavallo bianco per f3 e si rese conto che il Nero non avrebbe affatto scambiato l'Alfiere: il Nero gli avrebbe dato scacco mangiando di Donna in g3!
Dopodiché il Re sarebbe dovuto fuggire davanti a Donna, Torre e, probabilmente, Alfiere, rimettendoci una Torre secca nel migliore dei casi, e beccandosi il matto nel peggiore.
Queste erano le tipiche combinazioni cretine in cui si era andato a cacciare spesso nei tornei, solo che lì gli avversari non avevano sfruttato l'errore, o ne avevano commesso uno più grosso, dandogli il tempo di rovesciare la situazione.
E tutto questo perché?
Perché era entrato in quella casa.

L'interno della casa era arredato con la modestia, per non dire la miseria, che gli abiti dell'uomo avevano fatto presagire: un tavolo, due sedie, una credenza sgangherata.
L'uomo posò la scatola degli scacchi sul tavolo, prese una sedia e la sistemò davanti a una porta chiusa, al centro della parete opposta a quella di ingresso.
- Siediti lì - gli aveva ordinato l'uomo.
Lui si era seduto, guardando la porta a due metri dal suo naso, una vecchia porta tarlata e scrostata ancora più del portoncino di ingresso, se possibile.
- Adesso non avere paura, non ti farò niente - aveva detto l'uomo, rassicurandolo con una voce bassa e pacata.
Era andato alla finestra e aveva chiuso prima le persiane e poi i vetri. Poi, nell'oscurità e nel silenzio che si erano creati, si era avvicinato alla porta e l'aveva spinta col palmo della mano, ritraendosi subito da un lato.
Lui si era sentito sbalzare fuori dalla stanza, dal mondo, dal proprio corpo.
Ridotto a un puro nucleo incorporeo di entità senziente, sospeso nel nulla, aveva visto davanti a sé una lunga sala vivamente illuminata, con tavolini e sedie da ambo i lati. Tra i tavolini e le sedie, e nel corridoio che li separava, c'erano molte persone, persone che gli voltavano la schiena, parlavano tra di loro e allungavano il collo guardando verso il fondo.
All'improvviso si fece silenzio e il suo punto di visione si innalzò automaticamente di un metro così che, al di sopra delle schiene e delle teste, poté vedere il fondo della sala.
In piedi dietro a un tavolo un signore dai capelli bianchi aveva cominciato a parlare. Seduti ai suoi lati un altro anziano e una vecchia signora seguivano il discorso con un sorriso compiaciuto, fissando un uomo che, in piedi dall'altra parte del tavolo, ascoltava l'oratore con il capo leggermente chino, come con deferenza.
Aveva percepito chiaramente solo alcune parole del discorso: "... incredibile serie di vittorie, ... una lunghissima carriera, " e, infine "... IL TITOLO DI GRANDE MAESTRO!"
Il signore dai capelli bianchi aveva stretto la mano all'uomo di fronte a sé e l'uomo, fra applausi acclamazioni e flash di fotografi, si era voltato verso i presenti, e verso di lui, e quell'uomo era lui.
Certo, ingrassato e appesantito e con un principio di calvizie, ma era lui, inequivocabilmente e incredibilmente se stesso.
Lo aveva colpito soprattutto il viso, il suo viso, il proprio viso: non bello né espressivo, con le guance un po' cascanti e gli occhi un po' vacui, ma soddisfatto, ecco, un viso che esprimeva tranquillità e soddisfazione.
E per di più un viso pulito, non sfregiato e sfigurato da quella sua orribile acne giovanile.
Forse era stato proprio quello il particolare che l'aveva convinto.
Il Grande Maestro si abbandonò contro lo schienale della sedia e si lasciò andare a una breve risata, secca e triste.
"Esaù si è venduto la primogenitura per un piatto di lenticchie," pensò "vuoi vedere che io mi sono venduto l'anima per una manciata di brufoli?"
Beh, se la molla era stata quella aveva agito a livello inconscio, perché non era certo ai brufoli che aveva pensato quando si era ritrovato sulla sedia in quella misera stanza, di nuovo dentro al suo corpo.
Anzi, per dir la verità non aveva pensato a niente.
Svuotato e annichilito aveva sentito alle sue spalle la voce dell'uomo con gli occhiali neri che diceva:
- Tu mi avevi chiesto come saresti diventato Grande Maestro. Io ti avevo promesso che te l'avrei fatto vedere e te l'ho fatto vedere. Io mantengo sempre le mie promesse. -
Era stato in quel momento che aveva capito chi era quell'uomo, anzi che cos'era quel non uomo.
Si udì il rumore del legno che grattava contro il davanzale, poi la luce riempì di nuovo la stanza e lui si trovò a fissare la porta tarlata e scrostata, di nuovo chiusa.
- Prendi la sedia e vieni qui - aveva detto la voce alle sue spalle.
Lui aveva ubbidito meccanicamente e si era sistemato di fronte al tavolo.
Fra di loro, al centro del tavolo, la scacchiera era di nuovo aperta con i pezzi di fianco, sparsi alla rinfusa.
Il diavolo scelse dal mucchio i due Re e posizionò il bianco in d4 e il nero in e6.
- Allora, ti interessa? - chiese.
Scelse ancora due Alfieri e mise quello bianco in d2 e il nero in d5.
- In cambio di che cosa? - aveva chiesto lui, conoscendo già la risposta.
- Dell'anima, naturalmente! - aveva esclamato il diavolo.
Fuori, dalla parte delle vecchie mura, arrivò la ciarlata prolungata e beffarda di una gazza, poi un frullo d'ali, e un'ombra bianca e nera passò fulminea davanti al rettangolo luminoso della finestra.
- Ah! dimenticavo. - Aggiunse il diavolo rompendo il lungo silenzio che era seguito. - È antica ed onorata consuetudine che chi vende l'anima abbia diritto a veder esauditi tre desideri. -
Prese dal coacervo dei pezzi un pedone nero e lo piazzò in d3, tra il Re e l'Alfiere bianchi, dicendo:
- Questo è il primo: diventare Grande Maestro.
Hai diritto a sceglierne altri due. -
- La ricchezza? - aveva chiesto lui esitante.
- Prevedibile! - aveva commentato il diavolo, prelevando un pedone nero e mettendolo in c4, di fianco al Re bianco.
- E adesso l'ultimo desiderio - lo incoraggiò il diavolo.
Lui ci aveva pensato su parecchio, poi, balbettando, aveva detto:
- Voglio ... non voglio ... non voglio ... subire dolori ... prolungati. -
- Questo è originale. - Aveva commentato il diavolo rialzando la testa e fissandolo da dietro le lenti nere. - Cosa vuoi dire con precisione? -
- Beh - aveva risposto lui - non voglio rischiare di perdere le dita in un tritacarne solo perché non mi accorgo che me le sto macinando, e neanche rischiare di morire dissanguato solo perché non ho sentito una scheggia entrarmi in gola. Quel dolore mi va bene.
Quello che voglio evitare è il dolore di una malattia cronica e incurabile, o lo strazio per la perdita di un affetto forte o ... o ... o il male che ti fa una scarica di botte. -
- Ah, ah! Siamo un po' fifoni - era stato il commento del diavolo.
- Comunque non c'è niente di strano né di sbagliato. - Aveva proseguito, vedendo che lui era arrossito fino alla radice dei capelli. - Capita a molti di quelli che sono stati picchiati da bambini. -
Ci aveva pensato su un attimo poi:
- Anche se a molti altri capita il contrario - aveva concluso scegliendo un altro pedone nero e mettendolo in e4, sull'altro fianco del Re bianco.
Lui aveva fissato la croce con l'estremità superiore un po' sbilenca che si era formata sulla scacchiera.
- Bene, - aveva ripreso il diavolo - tu hai espresso i tuoi tre desideri, e se li vuoi vedere esauditi basta che mi ceda la tua anima, dal momento della tua morte in avanti, stringendo un patto formale con me. -
- Adesso? - aveva chiesto lui.
- Purtroppo no. Solo dopo che avrai risolto questo problema - aveva risposto il diavolo, indicando la scacchiera con la lunga unghia del mignolo destro.
- Perché? -
- Perché è la regola.
Vedi, noi cacciatori di anime per via simbolica ci dividiamo in due categorie. La prima può permettersi il lusso di catturare prede sbattendo quattro gocce d'acqua in testa ad esseri inconsapevoli e incoscienti. Noi, invece, dobbiamo guadagnarcele dandovi la possibilità di ... mmh, com'è la formula? ... ah sì, la possibilità di una scelta meditata e consapevole.
Non è giusto, ma è così.
Risolvere questo problema ti porterà via abbastanza tempo per soddisfare la clausola e rendere valido il patto, se lo vorrai ancora stringere. -
Il diavolo picchiettò con l'unghia del mignolo sulla scacchiera e aggiunse:
- Sei sicuro di avere memorizzato la posizione? -
- Sì. -
- Bene, è un problema originale, anche perché, per una volta tanto, è il Nero che muove e vince. Quindi tu sarai il Nero e dovrai dare scacco matto al Bianco. -
- E quando ci sarò riuscito cosa dovrò fare? -
- Tornare da me e dimostrarmelo. - disse il diavolo alzandosi in piedi - Non temere. Quando verrai sarò qui ad aspettarti. -

"E così la Regina nera sta aspettando che si apra la diagonale nera su cui si trova per piazzare la botta in g3." pensò il Grande Maestro tornando ad osservare la scacchiera che aveva ora davanti "Forse la mossa vincente è blindare la diagonale spingendo il pedone in f4."
Certo il Cavallo nero poteva dargli scacco in f3, ma una volta che il Re lo avesse avvicinato in f2, dove andava quel povero Cavallo? Se saltava in h2 perdeva un tempo, se non si muoveva o saltava da qualsiasi altra parte perdeva la vita gratis.
Da qualsiasi altra parte meno che in d4. E se andava in d4 cosa succedeva?
Il Grande Maestro mosse i pezzi fino a raggiungere la posizione pensata, dopodiché considerò sconsolato la forchetta Alfiere-Donna.
Se il Bianco si ritirava con la Regina in g4 perdeva l'Alfiere; se forzava lo scambio di Donne in d7 perdeva il Cavallo.
"Una bella pensata, proprio una bella pensata" si autocommiserò il Grande Maestro, rimettendo i pezzi nella posizione di partenza.

La posizione di partenza del problema che gli aveva sottoposto il diavolo ricordava una croce, con l'estremità superiore un po' sbilenca.
Nei primissimi tempi in cui lo aveva affrontato si era autoconvinto che la soluzione passasse attraverso la ricostituzione del simbolo, spostando il Re in d6, ma alla fine dovette arrendersi all'evidenza: quella mossa non serviva a niente e i diavoli, probabilmente, non sono superstiziosi.
Ci mise quasi una settimana per capire che poteva lasciare l'Alfiere in presa avanzando col Re in f5. Se il Bianco avesse abboccato, mediante la spinta consecutiva dei due pedoni in c e in e avrebbe ottenuto la promozione in d.
Ma se il Bianco non abboccava (cosa del resto impossibile in un problema) e il suo Re ripiegava in e3?
Partendo da quella nuova posizione il Re nero, sulla scacchiera e nella sua testa, percorse chilometri e chilometri prima di convincersi che non c'era nessun passaggio a nord-ovest, e neanche a nord-est se era per quello, non c'era nessuna maniera di aggirare la difesa di Re e Alfiere bianchi.
Quel problema divenne un'ossessione che gli impediva di pensare ad altro e i suoi voti, che erano sempre stati sopra la sufficienza, crollarono verso la fine dell'anno scolastico.
Fu bocciato.
Il padre gli tolse il saluto e la parola, anche se non lo esentò dall'obbligo delle tre partite serali che doveva disputare quando lui, il padre, tornava dal lavoro.
Cominciò a perder sistematicamente, con una specie di gioia sadica, commettendo errori infantili, approfittando del fatto che il padre, autoconsegnatosi al silenzio, poteva rinfacciarglieli solo con occhiate di fuoco e digrignar di denti.
Alla fine delle partite cominciava a ripensare al problema.
La notte in cui compì 18 anni sognò di essere nella penombra di una cattedrale con la pianta a croce; si trovava in mezzo a un gruppetto di persone che, assorte e silenziose, osservavano un punto in alto, nella navata di destra. Guardò anche lui e vide che il punto focale di tutti gli sguardi era un foro circolare che si apriva sulla parete, appunto di destra, a circa venti metri dal suolo. Il foro si schiarì improvvisamente, poi una stilettata, poi un fiotto di luce solare entrarono nella chiesa e ne tagliarono l'oscurità con una sciabolata d'oro che andò a colpire le persone in attesa. Queste alzarono le mani, levarono un grido di gioia, e lui si svegliò.
Quando il batticuore si calmò un poco ricordò di aver letto che un fenomeno simile a quello sognato si verifica effettivamente nel Duomo di Milano, attraverso un oblò realizzato ad arte appunto nella parete di destra, in alto; ma questo non spiegava la vividezza del sogno e del ricordo.
Il sogno doveva avere un significato, e forse era collegato al suo problema.
- Ma certo! - esclamò ad alta voce, scattando a sedere sul letto.
Doveva sbloccare quel suo maledetto Alfiere e portarlo a destra, in alto, sulla diagonale che gli permetteva di difendere i pedoni in e4 e in d3. Contemporaneamente il suo Re doveva spostarsi dalla parte opposta per difendere prima il pedone in c4 e minacciare poi l'aggiramento dell'Alfiere bianco.
Accese la luce, si alzò, tirò fuori la scacchiera e cominciò a spostare i pezzi.
Dopo dieci minuti di tentativi concluse che se la sua intuizione era giusta, ed era sicuro che fosse giusta, tuttavia tra il dire e il fare ...
La porta della sua camera si aprì e comparve il padre.
- Cosa fai alzato a quest'ora? - chiese.
- Sto studiando il finale di una partita. -
L'espressione della faccia paterna da burbera si trasformò in sospettosamente interessata.
Si avvicinò alla scacchiera e la squadrò a lungo.
- Qual era la posizione di partenza? - chiese, sempre sospettoso.
Lui aveva ricostituito la croce sbilenca e aveva spiegato:
- Il Nero muove e vince. -
- Lo so! - aveva esclamato il padre, tirandogli una sberla tra capo e collo che per poco non gli aveva mandato il naso a piantarsi in f6 - Questo non è un finale di partita, questo è uno studio di Awerbach! Te l'ho già spiegato una volta quando avevi dieci anni ... sì, dieci anni, tua madre era ancora viva ... non te lo ricordi più? -
Lui aveva scosso il capo, un po' per dire di no, un po' per alleviare l'indolenzimento del collo.
Muovendo rapidamente i pezzi il padre spostò prima il Re nero in f5, poi l'Alfiere nero, ma a sinistra in b7, non a destra come aveva tentato ostinatamente lui. Partendo da questa nuova posizione era iniziato un balletto dei due Alfieri, col bianco che traccheggiava davanti ai pedoni e il nero che si spostava a zig-zag verso destra. A un certo punto il Re nero con due mosse fulminee aveva guadagnato la posizione d5, poi l'Alfiere nero si era installato in g6 e il problema era praticamente risolto.
Lui si era sentito bagnare il viso di lacrime, per la gioia.
Il padre se ne era andato, ma prima di chiudere la porta gli aveva detto:
- E non piangere per uno scappellotto! Ricordati che hai diciott'anni, sei un uomo ormai! -

Il giorno dopo era andato alla vecchia casa vicino alle mura.
Il diavolo, come aveva promesso, lo stava aspettando, seduto davanti alla scacchiera coi pezzi già predisposti.
Senza dire una parola lui aveva ripetuto tutte le mosse che aveva fatto il padre poi, col Re nero, aveva cominciato la manovra aggirante sul lato sinistro.
- Devo continuare fino allo scacco matto? - aveva domandato.
Il diavolo aveva scosso negativamente la testa, poi a sua volta aveva chiesto:
- Questo cosa significa, che vuoi stringere il patto? -
- Cosa devo fare per stringerlo? -
- Devi solo baciarmi, ... e ... ah ... io lascerò su di te un segno. -
- Un segno? - aveva esclamato lui con voce strozzata, portandosi istintivamente una mano alla faccia.
- Sì, quello che voi chiamate il segno del diavolo, ma che sarebbe più corretto chiamare il segno del patto. Comunque non temere, sarà un segno così piccolo e nascosto che non solo gli altri, ma neanche tu ti accorgerai di averlo, almeno fino a che io non ti dirò dov'è. -
- Ma perché questo segno? -
- Perché fino a che lo porterai sul tuo corpo testimonierà davanti a tutto e tutti che la tua anima mi appartiene. - Disse il diavolo. Poi si tirò nelle spalle e aggiunse. - Credo che sia uno dei tanti scotti che dobbiamo pagare al fatto di essere stati creati da una mente simbolica e normativa.
Simboli e regole, questa è la realtà.
Tutto il resto, materia energia anima e corpo non sono che astrazioni, astrazioni e conseguenze di simboli e regole. -
- Come nel gioco degli scacchi! - aveva esclamato lui.
- Come nel gioco degli scacchi di cui tu diventerai Grande Maestro, se lo vorrai - aveva confermato il diavolo.
- Ma diventerò anche ricco? - aveva chiesto.
- Io mantengo sempre le mie promesse - aveva detto il diavolo con un'ombra di stanchezza nella voce, come se avesse già affrontato infinite volte la stessa situazione.
- Ma come farò a diventarlo? -
- Ragazzo! - Esclamò il diavolo, e questa volta nella voce vibrava una nota di impaziente contrarietà. - Non puoi pretendere che oltre a metterti la minestra nel piatto ti imbocchi anche!
In fondo anche la fortuna più sfacciata ha bisogno di un minimo di aiuto e di iniziativa individuale. -
Forse era stato proprio quel rimprovero a farlo decidere.
Quelle parole, infatti, sottintendevano che qualsiasi cosa gli fosse successa, in fondo sarebbe successa anche per merito suo.
- Allora ... d'accordo - aveva detto.
Il diavolo si era alzato in piedi e si era tolto gli occhiali neri.

Quando era uscito dalla casa si era messo a barcollare in mezzo alle erbacce del prato antistante, poi a correre, non aveva visto la fine della spianata e, in mezzo a sterpi e rovi, era ruzzolato fino a metà dell'argine del fiume. Lì, piantato bocconi come una bestia, aveva vomitato quello che aveva nello stomaco e anche quello che non aveva, aveva vomitato l'anima.
("Magari!" si era sorpreso a pensare il vecchio Grande Maestro con un soprassalto di humor).
Poi si era rovesciato sulla schiena ed era svenuto.
Al risveglio si era sentito coperto da un velo di sudore ghiacciato, mentre gambe e braccia gli tremavano, percorse da un intenso formicolìo. Alla fine, anche se svuotato e sfinito, si era ripreso abbastanza per risalire l'argine e avviarsi verso casa.
A metà del ponte si era appoggiato alla spalletta e aveva guardato giù, meditando di buttarsi. Ma si era in estate, il fiume era ridotto a poco più di una pisciata di cane, e lui avrebbe rischiato di spaccarsi tutte le ossa sul sasseto, senza neanche essere sicuro di morire.
Proseguì ed entrò in città in stato di trance.
Suoni e immagini gli arrivavano staccati gli uni dagli altri e dal contesto, come se si fosse trovato dentro a un quadro di Magritte.
In rapida successione udì il guaito di un cane, il clacson di un'auto e la voce di Gianni Meccia che fluttuava nell'aria rotolando come un barattolo.
Poi vide una vecchia, ingobbita e trascinata verso terra da due enormi borse della spesa, un semaforo nell'attimo in cui passava dal giallo al rosso, un cartellone incollato col nastro adesivo alla vetrina di una tabaccheria.
Nel manifesto una donna bendata stava in equilibrio su una ruota e sotto un braccio reggeva una cornucopia dalla cui bocca usciva una pioggia di monete d'oro.
"Anche la fortuna più sfacciata ha bisogno di un minimo di aiuto e di iniziativa individuale!"
Si era ritrovato con i piedi per terra, il corpo solidamente conscio di sé e della zona della città in cui si trovava, aveva attraversato la strada ed aveva acquistato un biglietto della Lotteria Nazionale a cui si riferiva il cartellone, assolutamente certo che il biglietto sarebbe stato quello del primo premio.
Mentre tornava a casa si era accorto che il male alle ginocchia che lo tormentava da più di un anno, ogni volta che faceva qualche centinaio di metri, era scomparso. Era un disturbo della crescita, aveva detto il dottore, e sarebbe passato da solo, forse.
Forse non era proprio passato da solo.
Passando davanti a una bottega artigiana vide una macchia grigia in movimento, il fantasma della sua faccia che si specchiava nella vetrina scura.
Questo gli fece venire in mente il fantasma di un'altra faccia, quella che gli si era avvicinata nella semioscurità della casupola: si fermò, chiuse gli occhi, sigillò quella parte del cervello che conteneva il ricordo, poi riprese a camminare.
Rientrò in casa felice: aveva la fortuna in tasca, il suo corpo era libero dal dolore, qualsiasi dolore, ed ora avrebbe potuto battere chiunque a scacchi.
Quando suo padre era tornato dal lavoro, lui si era seduto con impazienza davanti alla scacchiera e aveva giocato con una volontà di vittoria quasi omicida.
Lo sconsolante risultato era stato di due pareggi e una sconfitta.
Suo padre, che aveva notato entrambe le cose - l'impegno nel gioco e l'avvilimento finale - tentò di consolarlo. Ne lodò lo spirito combattivo e, ricostruendo le fasi estreme delle partite, gli dimostrò che se lui, il figlio, avesse conosciuto un po' di più la teoria dei finali avrebbe potuto vincerle tutte e tre.
Perché la forza di suo padre era appunto quella: mediocre stratega e pessimo tattico, aveva però memorizzato un'infinità di finali teorici e pratici. Così se riusciva a superare la fase di mediogioco senza rimetterci troppe penne, pareggiava o vinceva partite che altri, anche migliori di lui, avrebbero perso o pareggiato. Con quella sua forza era arrivato in prima categoria, e con quei suoi limiti in prima categoria sarebbe rimasto finché fosse vissuto.

Durante la settimana provò a misurarsi, oltre che con suo padre, anche con i soci del circolo degli scacchi, ma il suo standard di gioco non gli parve essere migliorato di un filo.
Vinse sistematicamente e quasi esclusivamente con l'avvocato Cùpoli, il che non faceva testo perché l'avvocato era un vecchio asino la cui enorme passione per i pezzi degli scacchi era pari solo alla sua inettitudine nel muoverli.
La domenica sera lui e suo padre cenarono come sempre, in cucina e ascoltando il giornale radio. A un certo punto l'annunciatore diede lettura dei primi biglietti vincenti della Lotteria Nazionale. Lui, che aveva memorizzato serie e numero di quello che aveva in tasca, si rese conto con crescente sgomento di non aver vinto niente.
Un piccolo malore (che non ebbe nessun bisogno di simulare) gli permise di rifugiarsi in camera sua e di buttarsi sul letto a piangere.
Poiché il fiume sarebbe stato in secca per altri due o tre mesi, si era addormentato pensando a un buon posto per impiccarsi.
Il lunedì mattina si era avviato deciso verso la casa di là dal fiume: anche se non fosse riuscito ad ottenere una spiegazione quello, in ogni caso, gli sembrava un ottimo posto per impiccarsi.
Passando davanti a un'edicola vide la locandina di un quotidiano locale che, a lettere cubitali, annunciava la vincita in città di due premi di consolazione della Lotteria Nazionale.
Comprò il giornale, entrò nei giardinetti dove aveva incontrato l'uomo dagli occhiali neri, scelse un angolo il più lontano possibile da mamme con bambini e vecchi con cani e finalmente, seduto su una panchina, dispiegò il giornale davanti a sé: uno dei due biglietti estratti era il suo.
Il sangue gli affluì alla testa come se fosse stato spinto da un enorme pistone, il giornale gli sfuggì di mano e lui si ritrovò piegato in due ansimante e tremante con ogni fibra del suo corpo.
Certo non erano i 500 milioni del primo premio, ma anche 50 milioni, a quei tempi, più di cinquant'anni prima, si potevano considerare una ricchezza, o almeno una buona base per costruirsela.
Riprese a leggere l'articolo: il tabaccaio, intervistato, aveva detto di non poter ricordare a chi aveva venduto il biglietto, in ogni caso escludeva che si trattasse di un cliente abituale.
Quindi nessuno aveva il minimo indizio, aveva pensato, e si era chiesto come fare per lasciare tutti nell'ignoranza. Non voleva far sapere che aveva vinto, non voleva dividere quei soldi con nessuno, soprattutto non voleva dividerli con suo padre.
Quei soldi erano suoi, solo suoi, che cazzo!, si era venduto l'anima per averli, mica noccioline!
Meditò tutta la mattinata su quel problema, ma non gli venne in mente nessuna soluzione che non comportasse l'intervento di almeno un'altra persona da delegare all'incasso, con il che si sarebbe sacrificata quella segretezza totale a cui aspirava.
Bene, aveva concluso, se il sacrificio va fatto lo faremo.
"Il sacrificio di un pezzo" pensò il Grande Maestro tornando a considerare la scacchiera che aveva davanti "è uno dei grimaldelli più usati nella soluzione dei problemi scacchistici".
Certo, quello era un finale di partita reale, e non un problema, ma forse la soluzione passava proprio attraverso un bel sacrificio, magari di Regina.
Posizionò la Regina bianca in d7 e si chiese come avrebbe reagito il Nero: certo, se avesse mangiato subito di Donna il seguito sarebbe diventato interessante, ma solo uno sprovveduto ("Come il povero avvocato Cùpoli" pensò il Grande Maestro) avrebbe mangiato di Regina. In realtà qualsiasi Nero appena appena decente avrebbe mangiato prima di Cavallo e poi, sull'attacco della Torre bianca sempre in d7, avrebbe continuato a cambiare fino alla morte.
Alla fine il Bianco avrebbe dovuto affrontare un finale di Alfiere contro Torre, e con in più due pedoni spaiati.
"Non occorre la scienza di mio padre per capire che è un finale perso" pensò il Grande Maestro, rimettendo la Regina bianca in f5.

Quel lunedì pomeriggio era andato al circolo scacchistico subito dopo l'orario di apertura, sicuro di trovarci l'avvocato Cùpoli. È vero che questi professionalmente si era creato una fama simile a quella scacchistica (l'avvocato delle cause perse, lo chiamavano) ma, insomma, era pur sempre un uomo di legge, e inoltre era l'unico che conosceva.
Seduto davanti alla scacchiera, riordinando i pezzi come per iniziare una partita, aveva buttato lì il problema dell'incasso della vincita in forma anonima, attribuendolo a un suo compagno di classe. Siccome l'aveva fatto, però, balbettando e impappinandosi, il suo interlocutore aveva capito subito come stavano le cose, e i suoi occhi si erano illuminati come se avesse intravisto una combinazione di matto in sette mosse.
L'avvocato l'aveva preso sottobraccio, se lo era portato a casa e lì nello studio, una mossa alla volta, avevano elaborato un piano strategico degno di Alekhine o Capablanca.
L'avvocato Cùpoli, innanzi tutto, lo aveva accompagnato in una banca di una città vicina e gli aveva fatto aprire un conto corrente a suo nome, cosa possibile visto che per una nuova legge appena approvata era ormai maggiorenne. Successivamente l'avvocato si era posto come interfaccia tra lui e un notaio che avrebbe espletato materialmente il compito di incassare la vincita.
Quando dopo due mesi lo Stato si era deciso a pagare, l'avvocato aveva depositato sul conto corrente la vincita, decurtata del suo onorario che, ora lo sapeva, era stato piuttosto esoso, per non dire ladresco.
- Che cosa farai con tutti questi soldi? - gli aveva chiesto Cùpoli.
Lui aveva pensato alla pioggia d'oro che, in sogno, l'aveva colpito all'interno del Duomo, e aveva risposto:
- Voglio andare a Milano. -
- Per visitarla? -
- No, per viverci. -
L'avvocato aveva scosso la testa come se fosse deluso, e probabilmente lo era se si era convinto di fargli da amministratore del patrimonio, comunque gli aveva promesso di aiutarlo anche in questo, e onestamente bisognava dire che lo aveva fatto.
Una bella mattina (bella per modo di dire, il fiume si era riempito nuovamente d'acqua, e la città di nebbia) lui era uscito di casa.
Sul tavolo della cucina aveva lasciato una lettera per il padre in cui lo diffidava dal farlo ricercare dalla forza pubblica o in altri modi perché, essendo lui maggiorenne, era libero di andare dove e di agire come voleva. Se aveva importanti comunicazioni da fargli pervenire che si rivolgesse all'avvocato Cùpoli che aveva delegato a rappresentarlo per tutte le questioni legali o di qualsiasi altra natura.
Nella sacca sportiva di tela che portava con sé aveva messo due paia di mutande, due di calzettini, la foto incorniciata di sua madre che teneva sul comodino e un manuale sulla Partita Ortodossa che aveva vinto a 8 anni in un torneo di pulcini.
L'avvocato Cùpoli l'aveva accompagnato alla stazione, gli aveva dato un bigliettino con su scritto il nome e l'indirizzo di un collega che telefonicamente si era detto disponibile ad aiutarlo, e come ultimo saluto, prima che salisse sul treno, gli aveva detto:
- E mi raccomando, ragazzo, non perdere di vista gli scacchi! -
Mai esortazione fu più clamorosamente disattesa: nei cinque anni che erano seguiti non aveva toccato un pezzo degli scacchi neanche per sbaglio.


...non resisto all'OT
:supergreen: :supergreen: :supergreen:

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...se avesse ascoltato le richieste di "una nuova S1"
...se non ci avesse provato con Uly, Rotax e dintornidimezzogiorno...
...non avrebbe chiuso!


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Complimenti, è la modifica dell'originale più... originale e convincente che abbia mai visto! :wink:

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 Oggetto del messaggio: Re: Taglio Codino originale...
 Messaggio Inviato: 07 nov 2006, 15:08 
 
Wile C. ha scritto:

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.........Io vedo in particolare un sacchetto di cemento (presa-rapida????)

una multipresa non a Norma (ma a Valentina :mrgreen: )

olterché un chiodo nel cop.-post. :mrgreen:

A questo punto manca solo una bella pinza-freno monoblocco sul ( o nel) posteriore!!!!!!! :supergreen:

p.s. se 147 ha detto che è ok, registra subito la modiFICA, n'sé sà mmai!!


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gran bell codino....
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:


ps: sta PSCD va a gonfie vele ormai :wink:

pps: niente OT per stavolta anche se......so tentatissimooooo

Il Gambetto Rousseau è un'apertura considerata molto dubbia e pertanto caduta in disuso. Le mire del nero sono quelle di aprire la colonna f per una propria torre, ma l'ottima posizione dell'alfiere bianco rende questa mossa controproducente. La posizione si raggiunge dopo:

1. e4 e5
2. Cf3 Cc6
3. Ac4 f4
e può condurre a due varianti: il Gambetto Rousseau accettato dove il bianco effettua 4. e:f4, e il Gambetto Rousseau rifiutato dove tale mossa non viene effettuata. La teoria suggerisce vivamente al bianco di rifiutare il gambetto, onde accelerare il proprio sviluppo, ad esempio con 4.d3, con l'idea di portare il cavallo in g5. Ciononostante la posizione del bianco è superiore anche nel caso del gambetto accettato, ma il bianco deve stare molto più attento ad eventuali tatticismi e trappole del nero. Considerata scarsa quest'apertura non viene mai utilizzata a grandi livelli.

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non ho resistito
:supergreen: :supergreen: :supergreen:

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Spettacolo, un opera d'arte veramente!!!

...ma io sono avido di sapere...

:?: :?: MA CHE MINCHIA E' STO PRO-ANTANI!? :?: :?:

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Naspy ha scritto:
Spettacolo, un opera d'arte veramente!!!

...ma io sono avido di sapere...

:?: :?: MA CHE MINCHIA E' STO PRO-ANTANI!? :?: :?:

:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

domandare è lecito, rispondere è cortesia...
e mò sono ...azzi tua!!
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

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Naspy ha scritto:
Spettacolo, un opera d'arte veramente!!!

...ma io sono avido di sapere...

:?: :?: MA CHE MINCHIA E' STO PRO-ANTANI!? :?: :?:


qualcuno ti potrebbe dire: c'è il tasto cerca del forum :mrgreen:


io ti dico che è un pò come intedere (SBIRIGUDASBRINDOLATARANDOMIZZATACONSUPERSMINCHIAMENTOERIMINCHIAMENTO)

non so se mi sono fatto capire
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

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Lexluthor ha scritto:
Naspy ha scritto:
Spettacolo, un opera d'arte veramente!!!

...ma io sono avido di sapere...

:?: :?: MA CHE MINCHIA E' STO PRO-ANTANI!? :?: :?:

:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

domandare è lecito, rispondere è cortesia...
e mò sono ...azzi tua!!
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:


daje che me so regolato
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

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Lexluthor ha scritto:
domandare è lecito, rispondere è cortesia...
e mò sono ...azzi tua!!
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:


bastardo!! In amicizia eh!

:supergreen: :mrgreen: :supergreen:

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KoD ha scritto:
...SBIRIGUDASBRINDOLATARANDOMIZZATACONSUPERSMINCHIAMENTOERIMINCHIAMENTO

non so se mi sono fatto capire
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:


Non proprio... è l'ultimo pezzo che mi frega!

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Naspy ha scritto:
KoD ha scritto:
...SBIRIGUDASBRINDOLATARANDOMIZZATACONSUPERSMINCHIAMENTOERIMINCHIAMENTO

non so se mi sono fatto capire
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:


Non proprio... è l'ultimo pezzo che mi frega!



ah ok...allora sarò più chiaro...anzi cristallino come si suol dire

tutto gira a due cilindri sullo SMINCHIAMENTO...una volta che SMINCHI poi devi per forza RIMINCHIARE altrimenti il godimento che ti procura la prima azione genera una forza troppo piccola e quindi non c'ha senso...
l'atto dello SMINCHIAMENTO è ben descritto in un manualetto scritto da un tale Lex (che si fa chiamare anche Morphues sotto mentite spoglie) di cui puoi trovare la copertina su uno dei post che girano....
la filosofia è: SMINKIATUKESMINCHIOANCHEIOMASMINKIABENEPERCHE'SENNO'KESMINCHIAFFA'?POIDOPODEVIRIMINCHIA'TUTTO...
quindi le variabili ANTANISBRINDASBIRIGUDAXYZTPLURIDIMENSIONALEMODULODILAME'POISSONLEGGEDEIGRANDIPICCOLIMEDIANZIANINUMERI sono importantissime linee guida nello SMINKIAGGIO...

sicuramente ti apparrà tutto annebbiato e avrai una coltre di fumo davanti agli occhi...la risposta che cerchi è: quant'è profonda la tana del bianconiglio? poi se lo trovaimo lo facciamo arrosto, alla cacciatora o in salmì?
:supergreen: :supergreen: :supergreen:

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...MA DOVE... VIENI QUIIII...NOOO

BIANCONIGLIO DEL C :evil: :evil: :evil: O!!

KoD... mi dispiace... è scappata la cena :(

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KoD ha scritto:
Naspy ha scritto:
KoD ha scritto:
...SBIRIGUDASBRINDOLATARANDOMIZZATACONSUPERSMINCHIAMENTOERIMINCHIAMENTO

non so se mi sono fatto capire
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:


Non proprio... è l'ultimo pezzo che mi frega!



ah ok...allora sarò più chiaro...anzi cristallino come si suol dire

tutto gira a due cilindri sullo SMINCHIAMENTO...una volta che SMINCHI poi devi per forza RIMINCHIARE altrimenti il godimento che ti procura la prima azione genera una forza troppo piccola e quindi non c'ha senso...
l'atto dello SMINCHIAMENTO è ben descritto in un manualetto scritto da un tale Lex (che si fa chiamare anche Morphues sotto mentite spoglie) di cui puoi trovare la copertina su uno dei post che girano....
la filosofia è: SMINKIATUKESMINCHIOANCHEIOMASMINKIABENEPERCHE'SENNO'KESMINCHIAFFA'?POIDOPODEVIRIMINCHIA'TUTTO...
quindi le variabili ANTANISBRINDASBIRIGUDAXYZTPLURIDIMENSIONALEMODULODILAME'POISSONLEGGEDEIGRANDIPICCOLIMEDIANZIANINUMERI sono importantissime linee guida nello SMINKIAGGIO...

sicuramente ti apparrà tutto annebbiato e avrai una coltre di fumo davanti agli occhi...la risposta che cerchi è: quant'è profonda la tana del bianconiglio? poi se lo trovaimo lo facciamo arrosto, alla cacciatora o in salmì?
:supergreen: :supergreen: :supergreen:

:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

aggiungerei (in origginale, ovviamente....)

"
I know you're out there. I can feel you now.
I know that you're afraid. You're afraid of us. You're afraid of change.
I don't know the future. I didn't come here to tell you how this is going to end. I came here to tell you how it's going to begin
"

credo che ora sia perfetto

:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

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Naspy ha scritto:
...MA DOVE... VIENI QUIIII...NOOO

BIANCONIGLIO DEL C :evil: :evil: :evil: O!!

KoD... mi dispiace... è scappata la cena :(


vabbè dai non te preoccupà....
pe stavolta andiamo a cena fuori...conosco un locale con un bravisimo cuoco

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:supergreen: :supergreen: :supergreen:

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Lexluthor ha scritto:
KoD ha scritto:
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KoD ha scritto:
...SBIRIGUDASBRINDOLATARANDOMIZZATACONSUPERSMINCHIAMENTOERIMINCHIAMENTO

non so se mi sono fatto capire
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:


Non proprio... è l'ultimo pezzo che mi frega!



ah ok...allora sarò più chiaro...anzi cristallino come si suol dire

tutto gira a due cilindri sullo SMINCHIAMENTO...una volta che SMINCHI poi devi per forza RIMINCHIARE altrimenti il godimento che ti procura la prima azione genera una forza troppo piccola e quindi non c'ha senso...
l'atto dello SMINCHIAMENTO è ben descritto in un manualetto scritto da un tale Lex (che si fa chiamare anche Morphues sotto mentite spoglie) di cui puoi trovare la copertina su uno dei post che girano....
la filosofia è: SMINKIATUKESMINCHIOANCHEIOMASMINKIABENEPERCHE'SENNO'KESMINCHIAFFA'?POIDOPODEVIRIMINCHIA'TUTTO...
quindi le variabili ANTANISBRINDASBIRIGUDAXYZTPLURIDIMENSIONALEMODULODILAME'POISSONLEGGEDEIGRANDIPICCOLIMEDIANZIANINUMERI sono importantissime linee guida nello SMINKIAGGIO...

sicuramente ti apparrà tutto annebbiato e avrai una coltre di fumo davanti agli occhi...la risposta che cerchi è: quant'è profonda la tana del bianconiglio? poi se lo trovaimo lo facciamo arrosto, alla cacciatora o in salmì?
:supergreen: :supergreen: :supergreen:

:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

aggiungerei (in origginale, ovviamente....)

"
I know you're out there. I can feel you now.
I know that you're afraid. You're afraid of us. You're afraid of change.
I don't know the future. I didn't come here to tell you how this is going to end. I came here to tell you how it's going to begin
"

credo che ora sia perfetto

:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:


il tocco "STOCK" ci vuole sempre...
e rende molto dippiùùùùùùùùùùùùùùùù
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

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...SBIRIGUDASBRINDOLATARANDOMIZZATACONSUPERSMINCHIAMENTOERIMINCHIAMENTO

non so se mi sono fatto capire
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Non proprio... è l'ultimo pezzo che mi frega!



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l'atto dello SMINCHIAMENTO è ben descritto in un manualetto scritto da un tale Lex (che si fa chiamare anche Morphues sotto mentite spoglie) di cui puoi trovare la copertina su uno dei post che girano....
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quindi le variabili ANTANISBRINDASBIRIGUDAXYZTPLURIDIMENSIONALEMODULODILAME'POISSONLEGGEDEIGRANDIPICCOLIMEDIANZIANINUMERI sono importantissime linee guida nello SMINKIAGGIO...

sicuramente ti apparrà tutto annebbiato e avrai una coltre di fumo davanti agli occhi...la risposta che cerchi è: quant'è profonda la tana del bianconiglio? poi se lo trovaimo lo facciamo arrosto, alla cacciatora o in salmì?
:supergreen: :supergreen: :supergreen:

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aggiungerei (in origginale, ovviamente....)

"
I know you're out there. I can feel you now.
I know that you're afraid. You're afraid of us. You're afraid of change.
I don't know the future. I didn't come here to tell you how this is going to end. I came here to tell you how it's going to begin
"

credo che ora sia perfetto

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il tocco "STOCK" ci vuole sempre...
e rende molto dippiùùùùùùùùùùùùùùùù
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:


soprattutto ai bassi.... :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

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